Athuruga è bellissima anche quando il suo cielo è coperto, anche quando il mare si agita e dall'orizzonte vedi avanzare chiaramente verso di te la pioggia in questa sorta di "effetto domino" di colori dall'azzurro al grigio.
Gli acquazzoni sono passeggeri. Cammino, ormai rigorosamente a piedi nudi, percorrendo questa paradisiaca isola di soli 400mt x 200, mentre provo a scoprire alcuni dei suoi segreti: è bello realizzare come i 170 individui che la abitano, convivano insieme rispettando reciprocamente la diversità di nazionalità, etnie, credi religiosi e lingue diverse. I musulmani qui hanno la loro moschea dove possono raccogliersi in preghiera.
Tutti hanno lo sguardo genuino, altruista, puro e vero di chi sa apprezzare le piccole cose ed il senso della vita. Sorridono sempre, malgrado la lontananza dalla loro terra e dalla loro famiglia, malgrado la fatica e le ore di lavoro. La maggior parte di loro salta il proprio giorno libero durante la settimana, per poter tornare poi a casa dai loro cari per un tempo più prolungato.
Continuando a camminare - tra volpi volanti indiane sopra di me tra le palme e gli alberi del pane, ai piedi dei quali si muovono indisturbate iguane di ogni dimensione; tra aironi in riva al mare e piccoli granchi che bene si mimetizzano con la sabbia - osservo parte delle costruzioni più antiche di Athuruga, le quali - come tutte le costruzioni delle isole dell'arcipelago maldiviano - venivano un tempo realizzate con il corallo ridotto in polvere e mescolato al cemento. Oggi tale pratica è fortunatamente andata in disuso per preservare l'ecosistema. Nessun edificio, comunque, può, sempre per la stessa ragione, superare in altezza le palme da cocco, di vitale e quasi sacra importanza per l'isola. Il valore di un'isola si misura, infatti, dal numero di palme di cocco esistenti.
Se ieri abbiamo soltanto degustato le pietanze tipiche del luogo, oggi pomeriggio impariamo, o meglio proviamo, anche a prepararle. Inizia, infatti, la nostra lezione di cucina sulla spiaggia. Il cuoco, proveniente dallo Sri Lanka, ci spiega come preparare il Chapati. Tipico pane della cucina Indiana ottenuto a partire da farina integrale, acqua e sale, spianato come una pizza e cucinato in padella, viene accompagnato dal "mashuni": un'insalata di tonno, cipolla e granella di cocco. Ad arricchire il piatto è la "bagìa": pane spianato ripieno di verdure e spezie, che viene fritto qualche minuto in abbondante olio.
Questa pietanza sintetizza le caratteristiche della cucina maldiviana: semplicità e gusto speziato e piccante. Ringrazio il nostro chef, farò tesoro della ricetta ma - i maldiviani e gli indiani non me ne vogliano - preparerò forse una versione meno speziata e più mediterranea.
Nel frattempo abbiamo già con noi la nostra immancabile attrezzatura da snorkeling, per l'occasione completata dalla muta e da una piccola torcia subacquea, per perlustrare queste acque al tramonto, in quello che viene definito "sunset snorkeling".
Fortunata anche stasera nuoto felice accanto ad un'enorme, bellissima, simpatica tartaruga di circa un metro. E poi un buffo pesce palla blu, squali grigi di scogliera, pesci pagliacci, pesci chirurgo, pesce scorpione raggiato. Un elenco che potrebbe non finire..
Il sole ha fatto ormai posto alla luna, che luminosissima riflette sul mare, ed è ora di rientrare. Prima di risalire in barca, però, tutti spegniamo le torce, ci allontaniamo un po' dal Reef e la biologa ci suggerisce di muoverci e sbattere le pinne in acqua. Guardo ammirata dalla maschera sott'acqua le tante piccolissime lucine, frutto della bioluminescenza prodotta dal fitoplancton.
Dopo cena, sulla spiaggia, un gruppo di 10 maldiviani suonano e danzano il "Bodu Beru", che significa grande tamburo. La cassa armonica di questi tamburi è costruita dalla palma di cocco. In passato venivano usate parti dei trigoni e delle mante per la riproduzione del suono, oggi, per la sostenibilità ambientale, solo materiali sintetici. I ritmi arabi e africani che producono sono inizialmente lenti e via via sempre più incalzanti. Qui i ballerini, nei loro vestiti tradizionali, un sarong e una maglia bianca, sono impegnati in una danza selvaggia e libera. Mi invitano a ballare, metto via il mio taccuino e la mia penna e mi unisco a loro.
Irene