Anche l’escursione di oggi parte dalla banchina di Avatoru e prevede all’incirca un’ora di barca per arrivare a destinazione. Il nostro equipaggio è formato dal capitano, più altri due uomini che per il nostro arrivo hanno preparato un cappello di foglie di palma da utilizzare per proteggerci dal sole. Nessuno di loro parla bene l’inglese o il francese e non sono loquaci come i ragazzi che ci hanno accompagnato durante l’escursione di ieri, ma in qualche modo cerchiamo di capirci a vicenda.
Dopo un po’ di tempo dall’inizio della navigazione mi guardo intorno e vedo solo oceano, la sensazione che si prova ad essere circondati da una distesa d’acqua simile è davvero difficile da descrivere, c’è un misto di timore reverenziale della natura e meraviglia.
Arriviamo con la barca in un punto dove l’acqua è profonda è ha un colore blu intenso, indossiamo la maschera e dopo esserci tuffate, veniamo circondate in poco tempo prima da squali pinna nera che avevamo già conosciuto durante l’escursione a Mo’orea e poco dopo dagli squali limone. Nuotare insieme agli squali limone fa un certo effetto, sono molto più curiosi degli squali pinna nera e raggiungono dimensioni di 2 o 3 metri, quindi anche se non sono pericolosi per l’uomo, dopo qualche incontro un po’ più ravvicinato, decidiamo di risalire la scaletta con una certa velocità.
Finito il nostro bagno, attracchiamo la barca vicino all’isola degli uccelli, dove iniziamo ad addentrarci attraverso le palme di cocco, gli arbusti di miki miki, con la corteccia rossa e infine gli alberi di kahaia dai splendidi fiori bianchi.
Su un ramo di un albero ci accorgiamo della presenza di un piccolo uccellino che rimane immobile, ha degli occhi dolcissimi e le piume smosse dal vento lo fanno assomigliare a un battufolo di cotone. Poco più avanti vediamo una mamma intenta a covare il suo uovo, ha le piume bianche e il becco è bicolore, la prima parte è blu intensa e la parte più a punta è di color nero. Proseguendo lungo il sentiero incontriamo altri piccoli abitanti dell’isola, sono i granchi di terra che escono fuori da buche sulla sabbia, hanno un aspetto molto austero che li rende estremamente buffi.
Dopo poco ci fermiamo in una zona d’ombra, dove ci viene offerto del succo di frutta e del pane di cocco e dove incontriamo una turista francese che ci scatta qualche foto di gruppo, ma l’arrivo di uno sciame di mosquitos interrompe ben presto il set fotografico.
Quindi, decidiamo di indossare le maschere per andare a fare snorkeling nella famosa laguna blu, una piscina naturale di acqua azzurrissima, circondata da motu e barriere coralline. Dopo esserci godute questo spettacolo della natura è giunta l’ora del pranzo e ormai abbiamo capito che col cibo in Polinesia non si può sbagliare: insalata di tonno marinato nel latte di cocco, riso leggermente speziato e pesce imperatore alla brace con finale di torta al cocco. Il pranzo viene accompagnato dalla chitarra e dall’ukulele delle nostre guide che ci cantano canzoni tipiche polinesiane, mentre il signore più anziano dei tre ci intreccia tre bellissime borsette di palma. Ancora qualche minuto per goderci questo paradiso camminando tra le lingue di sabbia bianca e rosa ed è giunto il momento di ripartire per fare un’ultima tappa di snorkeling in acque più profonde, ma purtroppo le condizioni del mare sono cambiate e il capitano decide di riportarci in hotel. Una volta arrivate, dopo esserci messe tutte e tre un fiore in testa come pretende l’usanza polinesiana, ci godiamo il nostro ultimo tramonto a Rangiroa con la promessa di rivederlo in futuro.