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15/09/2024: Un mese con Donnavventura - Il Reportage finale di Chiara

Come i mercanti di un tempo anche noi seguiamo le rotte carovaniere attraverso le oasi, miraggi di sopravvivenza per chi attraversa l’ardente e sterminano deserto Occidentale.
Partendo dal Cairo abbiamo raggiunto l’oasi di El Faiyoum, la più grande del Paese, decantata sin dai tempi antichi dagli storici greci Erodoto e Starbone per la fertilità del suolo e la mitezza del clima.
Al verde delle palme si alternano gli specchi d’acqua dei laghi, la storia del Faiyoum infatti, è legata all’acqua, quella del grande Lago Qarun e quella del Nilo, convogliata attraverso canali sin dal Medio Regno.
Non lontano da qui ho visto una delle cose più straordinarie di questo viaggio, la valle delle balene, dove sono stati rinvenuti scheletri appartenenti a balene e ad altre creature marine, risalenti a 40 milioni di anni fa. Un luogo molto suggestivo, che ci catapulta in un tempo ben precedente a quello dei faraoni che già ci sembrano così lontani.
Inoltrandoci in profondità nel deserto occidentale, raggiungiamo la bellezza assoluta del Deserto Bianco. Di fronte ai nostri occhi si para uno scenario surreale, tutto è bianco e dal terreno emergono enormi blocchi calcarei, che la natura ha modellato nelle forme più strane.
Con un po’ di fantasia si riconoscono le sagome di funghi, galline e coniglietti dalle grandi orecchie. Lasciando correre l’immaginazione questo luogo diventa ancor più magico, e qui viviamo l’esperienza di dormire in tende nel deserto: attorno a noi il silenzio assoluto ed un cielo pieno di stelle.
Dopo ore di guida sotto il sole cocente, costantemente scortate dalle auto della polizia, che fanno la staffetta tra un punto di controllo e l’altro, raggiungiamo l’oasi di Dakhla. Ci colpisce per la sua dimensione bucolica, domina il verde dei campi e delle chiome delle palme, all’ombra delle quali pascolano piccoli gruppi di mucche, non sono mai più di tre o quattro, mentre pecore e capre si muovono in greggi più numerose, il ritmo è lento e la natura rigogliosa.
L’oasi di Kharga invece, è molto urbanizzata, con grandi palazzi, università, strade trafficate e tanta gente in giro. Ci eravamo abituate ad una dimensione più mistica, ad avere lo sguardo che corre lontano, attraverso le dune o rincorrendo palme lontane, qui invece sembra di essere tornate al Cairo, l’incantesimo si è spezzato.
Godiamo di un ultimo strappo di Deserto Occidentale muovendoci in direzione del Nilo e di ultimo tè beduino preparato allestendo un piccolo falò. Ci accompagna la musica e quel senso di eternità che solo il deserto sa dare.
Infine raggiungiamo la leggendaria Luxor la splendente, conosciuta come Tebe nei tempi antichi. Omero la chiamava la città dalle cento porte e diceva che il numero delle sue ricchezze poteva essere superato solo dai granelli di sabbia.
Tebe era la capitale dei faraoni della XVIII e XIX dinastia, ricchi e potenti, Hatshepsut, Amenofi VI Akhenaton, Tutankhamon, Seti I e soprattutto Ramses II, che hanno lasciato testimonianze sbalorditive della loro grandezza, templi, colonnati, viali di sfingi, obelischi, che sono rimasti nascosti dalla sabbia per secoli, ma che oggi risplendono come allora, ad imperitura memoria dei loro signori.

Chiara


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