






Milano fermata della metro verde Udine. Quante volte avrò sentito quel nome risuonare nelle mie orecchie, annunciando l’inizio di una nuova avventura? Eppure, ogni volta che varco la soglia della redazione, la stessa emozione mi pervade. È come se il cuore accelerasse il ritmo, pronto a tuffarsi in un vortice di emozioni.
I bagagli, silenziosi testimoni delle mie partenze, attendono impazienti di essere riempiti, non solo di vestiti e oggetti utili, ma soprattutto di sogni, speranze, di quella voglia irrefrenabile di scoprire nuovi mondi. Marsupio, radio, computer, camere: tutto ha il suo posto preciso, come in un rituale che si ripete da anni. Ma c’è sempre qualcosa che manca, un piccolo dettaglio che solo il viaggio saprà svelare.
E così, mi ritrovo a vagare per la redazione, ogni angolo di questa stanza è intriso di ricordi di viaggi passati, di persone incontrate, di esperienze indimenticabili. Eppure, ogni nuova partenza è un capitolo a sé, una storia ancora da scrivere.
A Milano fa freddissimo, la temperatura è vicina allo zero. Prima di salire in aereo veniamo salutate dai primissimi fiocchi di neve dell’inverno che deve ancora arrivare. L’atmosfera natalizia inizia a farsi strada nelle nostre città, i primi addobbi e le prime luci, il caldo profumo delle caldarroste cucinate per strada, i canti di Natale che si fanno strada nei negozi. Tutta un’atmosfera che ti invita a stare al caldo, comodamente davanti a un camino. Ma la destinazione che ci aspetta credo proprio che sia molto molto diversa. Ci aspettano più di 13 ore di volo. Quindi cuffiette nelle orecchi e via alla maratona di film che mi accompagneranno nel viaggio. Ecco, dopo qualche riposino, l’aereo sta per atterrare, si intravede terra, una vastissima macchia verde, dono di una vegetazione traboccante.
Quando si pensa alla Thailandia l’immaginazione corre subito a Phuket, un gioiello che si affaccia sul Mar delle Andamane. La città dall’architettura Sino-Portoghese, la città dai mille colori, dai profumi variegati e pungenti. Da lì abbiamo facilmente raggiunto con qualche ora di navigazione le Phi Phi Islands, navigare tra i suoi colossali faraglioni calcarei, che emergono dalle acque turchesi come antichi guardiani, è un’esperienza indimenticabile. Ogni scogliera sembra raccontare una storia millenaria, scolpita dal vento e dalle onde. La natura, in questa baia, ha creato un capolavoro di forme e colori, un vero e proprio santurario per l’anima. Queste isole sono ricche di fauna sia marina che terrestre. Miriadi di coloratissimi pesci tropicali si avvicinano con una danza sinuosa, volteggiando e roteando verso la nostra barca a Maya Bay a Kho Phi Phi Leh, qualche insenatura dopo a Monkey Beach sono invece le scimmiette a fare capolino sugli spigolo più impervi delle pareti rocciose e curiose saltellano qua e là, portando con se i propri piccoli. Qualcuna azzarda anche un tuffo. Sì, perché questi animaletti oltre alle banane, si cibano anche dei piccoli molluschi che abitano questi mari incontaminati.
Ci dirigiamo adesso verso la secondo isola più grande di questo arcipelago Kho Phi Phi Don, lì ci aspetta il momento più rilassante e assolato della giornata. Uno, due, tre… e splash. Ci tuffiamo in questo mare di un turchese acceso, fra le scogliere che imponenti si ergono a due bracciate da noi.
Nella provincia di Phuket iniziamo ad intravedere i primi templi cinesi, dai tipici colori accesi dal dorato, al rosso, al blu. Maestosi e ricchi di decorazioni, ogni particolare richiama il cerchio della vita. Qui in Thailandia, la principale religione, il Buddhismo fonda le proprie radici proprio nella reincarnazione, una nuova vita dopo la morte.
Phuket mi regala per la seconda volta l’emozione di incontrare quei buffi animali, le scimmie. Questa volta raggiungiamo l’isolotto interamente ricoperto di mangrovie, imbarcandoci dall’iconico pontile in legno di Pa La Pier, su una tipica Longtail-Boat thailandese. Qui l’incontro è ancora più diretto, addirittura una scimmietta coraggiosa decide di salire sulla nostra barca per scrutarci tutti con attenzione. Ma è quando arriva il capo del gruppo che la tensione aumenta un po’, con il petto in mostra e un fortissimo urlo, ci avvisa di non oltrepassare i limiti.
Nella provincia di Phuket abbiamo avuto un altro incontro ravvicinato, quello con un elefante. Questi maestosi animali da sempre vivono in simbiosi con l’uomo. Sono simbolo di potenza e saggezza, infatti spesso vengono venerati e raffigurati nei templi. È stato strano, ma allo stesso tempo eccitante poter cibare la docile elefantina che abbiamo incontrato.
La baia di Phang Nga è un invito all’avventura. Immaginatevi a bordo di una Thai longtail boat, solcando le acque cristalline e scivolando tra le maestose formazioni calcaree e le mangrovie. Ogni angolo della baia cela una sorpresa: grotte nascoste, spiagge incontaminate, e villaggi di pescatori su palafitte che sembrano sospesi nel tempo. Un’esperienza che vi farà sentire esploratori alla scoperta di un mondo perduto. Ed è proprio così che mi sono sentita salpando alla scoperta della James Bond Island, in thailandese Khao Phing Kan, che è stata sede del set cinematografico “L’uomo dalla pistola d’oro”. Arrivare davanti all’iconico faraglione che si erge davanti alle coste di quella piccola isola ti lascia senza fiato.
Ma è solamente durante la nostra escursione in canoa che ho apprezzato in tutta la loro maestosità e grandezza le immense costiere calcaree, che tra un mix di grigi, marroni e verdi della flora che si inerpica sulle pareti impervie. Ne approfittiamo per scivolare sotto questi archi naturali che si aprono su insenature paradisiache. Sembra di stare su un altro pianeta.
La parte più emozionante dei viaggi è conoscere da vicino le abitudini e la vita quotidiana delle persone locali. Nel villaggio su palafitte dei pescatori musulmani di Koh Panyee, si respira un’atmosfera brutalmente reale, aggirandoci fra le viuzze interamente costruite in legno vediamo donne che lavorano le cozze, i bambini scorrazzare in giro a piedi nudi e altri che con la loro uniforme diligentemente tornano da scuola.
Anche nella Baia di Phang Nga non ci facciamo mancare il mare cristallino per cui la Thailandia è famosa, tappa obbligata del nostro viaggio sono le Surin Island, cinque gioielli incastonati nel Mar delle Andamane, dove mare e natura incontaminata fanno da padroni. In una delle due isole principali si è stanziato quello che solitamente è un popolo nomade, i Moken. Camminando fra le loro palafitte, rimango incantata dagli sguardi curiosi dei bimbi, alcuni si nascondo dietro ai tronchi che sorreggono le loro case, altri più coraggiosi si avvicinano salutandoci.
Adesso è ora di partire in direzione Bangkok, ci aspetta un lungo viaggio in auto, attraversando tutta la penisola della Thailandia. Transitando lungo il Parco Nazionale Khao Sok, rimango incantata da alcuni elefanti che camminano a bordo strada. La nostra guida ci racconta che dentro al parco vivono anche degli elefanti bianchi, ma da quelli bisogna stare alla larga, sono più aggressivi. Mentre quelli che fino a d’ora abbiamo incontrato sono docili e vivono a stretto contatto con l’uomo, quasi in simbiosi.
Nel nord della Thailandia il paesaggio cambia radicalmente: i tradizionali paesaggi rurali lasciano il posto a un panorama più urbanizzato, dove palazzi moderni si ergono accanto agli antichi templi. Il traffico si intensifica, un mix di nuove macchina e vecchi scooter sfreccia per le strade, mentre la vegetazione tropicale, caratterizzata da rigogliose palme, cede il passo a una vegetazione che ricorda un po’ la nostra.
In questo luogo ho potuto apprezzare pienamente la ricchezza e la complessità della cultura buddhista. I templi visitati, veri e propri scrigni di storia e spiritualità, mi hanno profondamente toccato. In particolare, al Wat Bun Choo Pawan Ram sono rimasto incantato dalla maestosa statua di Luang Poi Tua, uno dei monaci più venerati, che emana un’aura di pace e saggezza. Al Wat Tham Khao Leum, invece, la grandiosa statua del Buddha, alta 35 metri e larga 21, ha contribuito a creare un’atmosfera di profonda connessione con un mondo a me sconosciuto. In Thailandia, i templi come questo, definiti “Ordinary Temple”, sono costruiti grazie alle donazioni della popolazione e rappresentano un importante punto di riferimento per la comunità locale. Qui, i monaci dedicano la loro vita alla preghiera, alla meditazione e alla raccolta di offerte per aiutare le famiglie più bisognose. Nei giardini del tempio, tre gong di dimensioni diverse – due dorati e uno nero- scandiscono il ritmo della giornata monastica. La tradizione vuole che chiunque possa far risuonare questi strumenti, invocando gioio, prosperità e buona fortuna. E noi non ci siamo lasciate scappare questa occasione.
Nelle provincie attraversate dal Mekong, il fiume, il cui sgorga dall’altopiano tibetano, è l’arteria vitale che alimenta la vita di milioni di persone, fornendo acqua per l’agricoltura, una via economica fondamentale e una risorsa ittica abbondantissima. Il Mekong è il settimo fiume più lungo al mondo e il terzo in Asia.
Sono numerosi i canali suoi affluenti che presentano dei mercati galleggianti, in cui i mercanti di ogni genere, commerciano i loro prodotti direttamente sul canale dalle imbarcazioni tipiche chiamate Sampan o dai negozietti che si affacciano direttamente sull’acqua, rivelando un caleidoscopio di colori e profumi. In questi luoghi il vociare della gente, il crepitio delle padelle che cucinano deliziose pietanze direttamente sulle sampan, i sorrisi accoglienti dei venditori locali creano un’atmosfera unica e coinvolgente. Noi abbiamo potuto visitare quello di Amphawa e quello di Damnoen Saduak, quest’ultimo ha fatto brecci nel mio cuore. Al nostro arrivo l’atmosfera era ancora avvolta in un’incantevole quiete mattutina. I canali, solitamente brulicanti di vita, si presentavano quasi deserti. Solo qualche donna solca con il sampan il canale.
Un altro importante protagonista fluviale del nostro soggiorno in queste zone è stato il celebre fiume Kwai, reso tale dal film del 1957 “Il ponte sul fiume Kwai”. Un luogo dove il passato e il presente si intrecciano in modo sorprendente. Il ponte, che abbiamo potuto ammirare dal vivo, simbolo di un’epoca tragica, ora è meta di turisti da tutto il mondo. Mentre ammiravo la sua maestosità, non potevo fare a meno di pensare ai prigionieri di guerra che lo avevano costruito. È stato un momento di profonda riflessione sulla crudeltà della guerra e sulla capacità umana di ricostruire.
Bangkok, una sinfonia di contrasti. La città dei mille volti, dove l’anima si perde in un labirinto di vicoli stretti e templi dorati. Qui, la tradizione si intreccia con la modernità, creando un tappeto di colori e suoni che inebria i sensi. Un luogo dove il tempo sembra fermarsi, eppure corre più veloce che mai.
La metropoli, sotto il nome di Siam, venne fondata nel 1782 da Rama, capostipite dell’attuale dinastia reale e mantenne questo nome fino al 1949. In thailandese Siam significa “terra di uomini liberi” e oggi come allora questo territorio ammalia e rapisce senza possibilità di sorta, scavando segrete magie in pozzi dell’immaginazione, dai litorali preziosi come cartoline di un Eden dimenticato, alla capitale che sembra non dormire mai.
Il popolo thailandese, molto devono ai suoi sovrani, chiamano Bangkok “Krungthep”, la “Città degli Angeli”, in quanto qui dimorano i reali.
Passeggiando per le vie di Bangkok si ha l’impressione di viaggiare nel tempo. Antichi templi buddhisti, con le loro intricate decorazioni e le statue dorate, convivono con grattacieli ultramoderni e centri commerciali scintillanti. Il fiume Chao Praya, che attraversa la città, è un elemento fondamentale del paesaggio e un importante via di comunicazione.
Proprio in mezzo ai canali che si diramano da questo maestoso signore fluviale abbiamo iniziano un’avventura su un imbarcazione tipica thailandese alla scoperta degli angoli più nascosti della città, dove palafitte traballanti si alternano a ville lussuose e antichi templi.
Un luogo dove si può respirare l’essenza più vera e intricata di questa metropoli. Divincolandosi a piedi tra ponti e viuzze sui canali, attraversando mercatini colorati e quartieri artistici, come quello di Kongl Bangluang ricchi di ceramiche e dipinti pittoreschi.
Ma ciò che mi ha lasciata letteralmente senza parole sono stati i due complessi storici e spirituali più importanti della capitale: Il Grande Palazzo Reale e il Wat Arun.
Il Grande Palazzo Reale è un complesso di edifici storici situato nel cuore della capitale Thailandese. Residenza prima dei re di Siam e poi di Thailandia, il palazzo è composto da numerosi edifici, giardini e cortili, che si sono sviluppati nel corso dei secoli, dando vita ad un complesso affascinante e ricco di storia. Sono rimasta attonita davanti a tanta sfarzosità, ai mosaici formati da tantissimi specchi colorati che con il sole riflettano la luce facendo risplendere queste imponenti costruzioni. All’interno di uno dei templi del complesso è custodito l’immagine sacra più venerata in tutta la Thailandia, il Buddha di smeraldo. Una statua scolpita in un unico blocco di smeraldo alta 66 cm.
Ma è il simbolo principale di Bangkok che mi ha lasciata senza fiato, il Wat Arun, un’immenso tempio che si erge sulle rive del fiume Chao Praya, il più grande e importante della capitale. Il Wat Arun, il “Tempio dell’Alba”, chiamato così perché i suoi pinnacoli dorati brillano intensamente ai primi raggi del sole, offrendo uno spettacolo mozzafiato.
La leggenda narra che chi compie atto di merito in questo tempio e rende omaggio alla statua principale del Buddha, avrà una vita gloriosa e splendida come il sole sorgente.
In Thailandia, il sorriso è la lingua universale. Un semplice “Sawadee Kha” per le donne e “Sawadee Khrap” per gli uomini, accompagnato da un inchino e un sorriso, è il modo più caloroso per essere accolti.
L’importanza del saluto in Thailandia va oltre il semplice gesto. È un segno di rispetto, di umiltà e di cordialità. Più alto è il saluto, più profondo è il rispetto che si vuole esprimere
Ma non è solo il saluto a rendere speciale l’accoglienza thailandese. È l’intero approccio alla vita, basato sulla gentilezza, sulla calma e sulla positività. In Thailandia, si respira un’atmosfera di serenità e di ospitalità che mette subito a proprio agio.
Ho volutamente lasciato per ultima la parte più inaspettata del mio reportage: il cibo. Non essendo una grande avventuriera in cucina, non mi sarei aspettata di apprezzare così tanto i sapori esotici della Thailandia. Ogni piatto è una scoperta, un viaggio sensoriale che mi ha aperto gli occhi su nuovi orizzonti culturali. Il Pad Thai, noodles generalmente fritti con gamberi, uova, arachidi e germogli di soia; il Morning Glory, un contorno gustosissimo; E dulcis in fundo, il pollo con gli anacardi, il mio preferito!
Laura
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