Neanche il tempo di svegliarci e già le nostre orecchie vengono sopraffatte da voci di uomo: “Sei un troglodida!”, “se non ti stai zitta ti mando a Tataouine!”, “barbara!”, capiamo che siamo entrate nel passato, nel mondo berbero, siamo nella terra degli insulti. I berberi sono gli stranieri, figli del vento d’Oriente, coloro i cui canti risuonano tutt’ora nelle terre del Maghreb. Siamo al confine con la Libia. Sorpassiamo il ponte romano, una lingua di terra nel mare che collega l’isola di Djerba con la Tunisia. Nel tragitto incontriamo una carovana di dromedari. Ci avviciniamo alle loro bocche, i loro denti sono grandi neri bianchi sembrano che abbiano appena finito di bere un caffè turco, masticano sempre, la bava che gli scende dalla bocca arriva sino al braccio di una Donnavventura, il collo sempre elevato, guardano all’orizzonte, sono dei modelli che sfilano lungo distese infinite di dune di sabbia. Attorno a loro vi sono piccoli cespugli di erbetta verde.
A volte l’erba è così verde e tutta indiamantata di gocce splende tra le rocce nel deserto, l’erba è distesa come manto sulla terra. Qui i colori della terra sono un’arte incantatoria. Ci prendiamo tutta l’intera avventura del sole. E ci introduciamo in infiniti labirinti di stanze, dove un tempo vi si custodivano i beni. Eccoci a Ksar Ouled Sultane, un complesso di granai. Sembra che il tempo si sia fermato, sembra essere ritornati all’epoca in cui i dinosauri popolavano la terra.
Nel souk di Tataouine vedere la pelle nuda è un’eresia, la loro pelle in silenzio si nasconde dietro vestiti, copricapo e guanti lasciando intravedere solo gli occhi pieni di vita. Un lancio di dadi e cinque uomini sbattono con forza le mani sul tavolo, stanno giocando a domino.
Oggi è la giornata degli Ksar, ci dirigiamo verso uno nuovo, ristrutturato, adibito a hotel, qui incontriamo una grande vera e divertente realtà. Una famiglia tunisina ci guarda, pensano che siamo della polizia, con le radioline sempre nei pantaloncini alle volte è normale che possano pensare male. Ma appena i 32 denti sbucano dalle nostre bocche i bambini già non hanno più paura, escono dai nascondini e si buttano addosso a noi. Gli facciamo il solletico e ridono all’impazzata, ne vogliono di più, sempre di più. Ritorniamo ad essere bambini, a fare i mostri, a spaventarli e ridere tra rocce antiche di un passato berbero.
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